I supermercati promossi dai consumatori italiani
Dunnhumby società di data science del gruppo inglese Tesco ha effettuato un’indagine su 16 insegne per scoprire punti di forza e criticità nella Gdo.
Meglio il governo o il supermercato? Il voto unanime dei consumatori italiani in tempi di Covid è andato alla grande distribuzione, che per i cittadini ha saputo reagire all’emergenza non facendo mai mancare l’essenziale sugli scaffali anche nei momenti più bui. Se la lotta alla carta igienica vista in Usa qui non c’è stata, ha colpito favorevolmente anche il rapido passaggio all’e-commerce e al delivery, e gli alti protocolli di sicurezza attivati anche all’interno dei punti vendita.Ma quali sono i punti di forza del retail e quali le leve da attivare per continuare a sviluppare il business? A queste domande cerca di rispondere la prima edizione della ricerca Italian Grocery Retailer Preference Index (RPI) effettuata da Dunnhumby società di data science del gruppo inglese Tesco che ha l’obiettivo di spiegare il rapporto tra legame emotivo dello shopper (la fiducia verso l’insegna) e lo share of wallet (quanto spende) e di indicare le strategie per una crescita sostenibile in futuro.
Le scelte degli italiani tra premium e discount
Nella ricerca effettuata nel settembre scorso su 16 insegne e un campione di 3mila persone, Esselunga(che venerdì ha ufficializzato la partnership con il Coni e sarà fornitore ufficiale di Casa Italia alle Olimpiadi di Tokyo) è risultata quella che soddisfa maggiormente i consumatori – prima su 5 fattori su 6- seguita da Conad, Coop e Eurospin. «Risultato ottenuto – spiega Gianluca Carrera, Chief Solutions Officer di Dunnhumby_- grazie al giusto mix tra prezzo percepito, varietà di prodotti, posizionamento e servizio con offerte mirate». La leva del prezzo è la prima per importanza in Italia, aggiunge Carrera, a differenza di Spagna e Portogallo dove invece è la praticità (velocità alla cassa, posizione e facilità d’acquisto) il primo criterio di scelta. Per questo Eurospin e anche Lidl hanno raggiunto un buon piazzamento, poiché riescono ad offrire prezzi bassi, a fronte di prodotti più che accettabili. Quello a cui si assiste in Italia è la polarizzazione tra operatori premium e discount. Cinque insegne si spartiscono il 52% del mercato mentre in paesi come Germania, Francia e Regno Unito la quota è tra il 75% e l’80%.Un tessuto commerciale fatto di pmi, con pochi dipendenti, modesti fatturati e scarsa propensione al cambiamento.
Innovazione e consumatore al centro
Circa il post Covid «dall’e-commerce o meglio dall’omnicanalità e dalle innovazioni (click & collect, delivery , app e self checkout) non si tornerà indietro», afferma il manager. «La differenziazione dei sistemi distributivi convivranno a lungo soprattutto in Italia, dove c’è un ampio spazio di crescita: il 25% degli italiani ha utilizzato il canale digitale per fare la spesa ma questo rappresenta solo il 2% di fatturato per la Gdo». Tecnologia e consumatore al centro faranno quindi la differenza con alcune peculiarità: la varietà di referenze fresche e la qualità (Dop e Igp) che sono del dna degli italiani, il popolo che passa più tempo in cucina in Europa. Lo sa bene Carrera, expat a Londra, che racconta la sua prima esperienza in un supermercato inglese: «Qui la scelta del fresco non è un’opzione. I pomodori sono tutti uguali e confezionati». La fotografia del retail italiano verrà illustrata il 15 dicembre in un evento online organizzato da Retail Hub.
Fonte: Il Sole 24 ORE